Nel mese di dicembre 2016 Michele Caraglio è stato eletto come rappresentante atleti. Lo abbiamo intervistato approfittando dell’occasione per conoscere il punto di vista di un grande atleta.
1) Nelle elezioni a Verona hai ottenuto un incarico dirigenziale importante. Cosa ti aspetti da questa nuova avventura?
Anche se in passato (stagione 2003) mi sono ritrovato ad essere presidente dell’Oricuneo, devo ammettere che non ho una vera vena dirigenziale e che preferisco fare l’atleta o il tecnico. Però quando l’ex-presidente Mauro Gazzerro mi ha chiesto di candidarmi con il suo gruppo mi sono sentito in dovere di accettare nella speranza che l’esperienza che ho maturato in anni di agonismo e nelle tante gare organizzate possa in qualche modo essere utile al movimento. Mi sono lanciato in quest’avventura abbastanza alla cieca, senza sapere bene come funzionasse il consiglio federale e le varie commissioni che ad esso fanno capo, ma sono stato eletto come rappresentante atleti e come tale vorrei rimanere più vicino alle questioni legate all’agonismo e alla qualità delle competizioni. Soprattutto mi piacerebbe cercare di dare il mio contributo per migliorare l’organizzazione e la gestione delle squadre nazionali CO.
2) Quali sono secondo te i punti di forza e di debolezza dell’orienteering italiano? Dove, a tuo avviso, occorrerebbe intervenire per correggere eventuali problemi?
A mio parere il più grande punto di forza è che il movimento orientistico è costituito da persone con una passione smisurata per questo sport; una passione che ci porta a fare lunghi viaggi per correre in qualche bosco dall’altra parte dell’Italia e a sacrificare le ferie per partecipare a qualche competizione multiday in giro per l’Europa. Siamo però uno sport con un numero di praticanti relativamente basso ed è sempre stato difficile fare crescere questo numero.
Secondo me i punti che giocano più a sfavore in questo tentativo sono due:
L’Orientering è un sport altamente tecnico; in ciò risiede gran parte della sua bellezza ma questo ha un prezzo in quanto l’orienteering risulta complesso sia dal punto di vista dell’apprendimento che dal punto di vista organizzativo.Sappiamo tutti bene che non si impara a fare orientamento dopo solo poche uscite e chiunque abbia organizzato qualche evento sa anche quanto complicato sia organizzare anche solo una garetta promozionale rispetto all’organizzazione ad esempio di una gara podistica.
Il secondo punto limitante è il fatto che una frazione cospicua della popolazione non ha la fortuna di avere un bosco dietro l’angolo e ciò rende difficoltosi l’avviamento e la pratica dell’orienteering. D’altro canto è anche vero che ci sono tantissime zone dove, pur essendoci terreni fantastici per fare orientamento (penso ad esempio all’altopiano di Asiago o a molti posti in Liguria), poi manca completamente un movimento radicato sul territorio.
A mio avviso bisognerebbe cercare di investire un po’ di più nella promozione dell’attività agonistica tra la popolazione di questi luoghi.
3) Quali sono i tuoi progetti per il futuro, sia in ambito agonistico, come atleta, che in ambito dirigenziale?
In ambito agonistico credo che continuerò ad allenarmi con costanza ancora per diversi anni perché quando faccio orientamento mi diverto moltissimo e mi diverto tanto di più quanto più riesco a farlo velocemente. D’altro canto sono arrivato ad un punto in cui sono già abbastanza soddisfatto dei risultati ottenuti e sento che è anche venuto il momento di restituire un po’ di quel che l’orienteering mi ha dato e da qui la mia decisione di mettermi in gioco come consigliere. Dal punto di vista dirigenziale al momento spero solo di esser capace di fare un buon lavoro in FISO nei prossimi quattro anni.
4) Sei uno sportivo su più fronti, pensi in futuro di partecipare in maniera più assidua anche ad altre competizioni come, ad esempio, la corsa in montagna o lo sci alpinismo?
Negli anni passati ho sempre cercato di completare la mia preparazione atletica facendo qualche gara di corsa campestre in Inverno e rarissime skyrace in Estate. Ho anche sempre cercato, ogni volta ne avessi la possibilità, di sostituire un, per me noiosissimo, lungo lento in un parco cittadino con una corsa in montagna o più semplicemente, senza correre, con una gita di sci alpinismo, un’escursione o una scalata. Diciamo che per me la passione per la montagna è una tradizione di famiglia, in cui io sono riuscito ad innestare bene anche l’orienteering, però solitamente, quando vado in montagna, l’agonismo non lo metto nello zaino e mi piace prendermi il tempo per riflettere e per godere di sole e paesaggi. Per questo motivo penso che le gare ad altitudini dove gli alberi fanno fatica a crescere rimarranno sempre solo dei casi isolati.
5) Quattro parole per definire cos’è per te l’orienteering.
Ridurlo a quattro parole è un po’ limitante ma, se proprio devo, ne scelgo solo una: “Flusso”. Nell’orienteering è quello stato mentale che si instaura quando si è completamente concentrati sulla lettura della cartina, in cui tutto sembra venire con facilità e addirittura la sensazione di fatica fisica risulta un po’ attenuata. Chi l’ha provata sa che è una bella sensazione.In alternativa, usando letteralmente solo quattro parole: “è uno sport fantastico!”
Intervista a cura di Fabrizio Abrate